HOLY TERROR: NEWSARAMA INTERVISTA FRANK MILLER
Locandina pubblicitaria di Holy Terror |
La storia raccontata in Holy Terror muove i suoi primi passi in una città immaginaria denominata Empire City, dalle parti di quello che il suo corrispettivo della statua della Libertà, qui chiamata la Statua della Giustizia Cieca. Tutti elementi che dichiarano chiaramente che si tratta di una ambientazione fittizia, ma non troppo distante dalla originale New York City. Perché credi sia importante ambientare le tue storie in città immaginarie, così come hai già fatto con Sin City?
“Ambientare le mie storie in una città immaginaria” mi consente una maggiore libertà. Non sono intrappolato nella necessità di dover reinterpretare gli eventi o la loro definizione di essi. Mi pongo con franchezza al mio lettore: questa è la mia storia, già, si tratta delle mie memorie – raccontate attraverso i filtri della mia mente – di quanto è accaduto e potrebbe accadere alla città che amo. Non è una storia, né un reportage. È stato attuato un procedimento di trasformazione in fiction? Naturale! È ciò che faccio.
In passato hai dichiarato che hai deciso di lavorare con i supereroi quando ti sei reso conto che attraverso il genere supereroistico potevi scrivere dei Crime Comics con un protagonista puro. Dal tuo punto di vista, soprattutto in riferimento al lavoro svolto con Holy Terror, come si è evoluto l’archetipo del supereroe inteso come metafora del nostro mondo?
Ho sempre adorato i supereroi. Con Holy Terror, ho provato a tornare alla visione tradizionale del 1940, quando il nazismo era identificato come il male assoluto, allo stesso modo oggi il male assoluto è identificato con gli “Islamo-fascists”. I supereroi combattono i malvagi. E questi sono dei veri malvagi.
Quando ho visto che il protagonista di Holy Terror si chiamava the Fixer mi son ricordato che tu, agli inizi della tua carriera, utilizzasti lo stesso nome per un personaggio della striscia chiamata “Call it Karma” pubblicata sulla fanzine APA-5. Cosa ti ha spinto a riutilizzare quel nome, e c’è qualcos’altro di quel personaggio oltre al nome in questa tua nuova opera?
É un nome. L’ho tenuto riposto in un cantuccio della mia testa sin dalla mia infanzia. Era lì che aspettava di essere affibbiato al personaggio giusto.
Come si è sviluppato The Fixer una volta che lo hai reso protagonist di questa opera?
È cresciuto. Si è reincarnato in un personaggio completamente nuovo, fresco; ha lasciato alle sue spalle tutto il bagaglio di caratterizzazioni e caratteristiche di Batman. Con questo non voglio dire che le caratteristiche di Batman non mi interessino. Mi è sempre piaciuto rivisitare Batman. È un personaggio meraviglioso. Ma the Fixer è qualcosa di autonomo.
prima che tu decidessi di voler agire con maggiore libertà, trasformando Holy Terror in qualcosa di indipendente, l’opera era nata per essere una storia di Batman. Prima che tu prendessi questa decisione, quando ancora si trattava di una storia del cavaliere oscuro, sentivi di essere stato completamente libero e la avvertivi come totalmente tua?
Ho avuto una meravigliosa libertà, e l’ho usata completamente.
Quando questo volume fu originariamente annunciate, nel 2006, lo descrivesti come uno strumento di propaganda, un po’ come avveniva durante la seconda guerra mondiale quando venivano prodotti fumetti sulle cui copertine era rappresentato Capitan America che sferrava un pugno a Hitler. Cosa ne pensi della potenza della propaganda nei fumetti?
Propaganda è un appellativo che non mi piace. Qualcosa viene chiamato “propaganda” solo quando il lettore non è d’accordo con l’autore e con il messaggio della sua opera. Se condividono la stessa visione il termine giusto è “pertinente”. Un artista esprime un punto di vista? Qualunque sia il medium, qualunque sia l’intento della storia, allora è propaganda, ed è rilevante.
Per Holy Terror hai deciso di fare il lettering a mano; sostanzialmente, se si escludono i colori di copertina affidati a Dave Stewart, ti sei occupato tu dell’opera nella sua interezza. Cosa ti ha spinto a decidere di occuparti completamente della realizzazione di questo volume in ogni aspetto del processo produttivo?
Perchè questo volume mi assomiglia. E volevo essere presente in ogni suo aspetto.
Dopo aver vissuto per alcuni anni a Los Angeles, nel 2001 sei tornato a vivere a New York – la stessa città nella quale vivevi negli anni ’70 e ’80 quando sfondasti nel mondo dei comics. Cosa ti ha riportato a New York?
Devi vivere a New York per capirlo. É una città diversa da tutte le altre.
Durante il memoriale dell’11 settembre hai rilasciato delle dichiarazioni sul patriottismo che mi hanno davvero colpito; il patriottismo non è, secondo te, una reliquia nostalgica, ma un meccanismo di sopravvivenza per una nazione. Che cosa è per te patriottico?
Tutto ciò che è stato fatto nel corso della costruzione.
1 commento:
io un po' di timore ce l'ho... alla fine in questa intervista non è che chiarisca poi molto.
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